Lo scorso settembre, il World economic forum ha lanciato un segnale a favore della digitalizzazione dei Paesi meno sviluppati: l’opportunità di usufruire di supply chain digitalizzate, infatti, significherebbe una grande occasione per questi Paesi, una spinta significativa lungo la strada di un progresso sostenibile, che crea vantaggi per piccole e grandi imprese, ma anche per i singoli agricoltori.
Un esempio? Nel Sud-est dell’Asia, precisamente a Timor Est, è stato introdotto uno sportello unico elettronico e i viaggi fisici tra agenzie governative sono diminuiti del 90%. Non solo, la stampa dei documenti doganali si è ridotta dell’80%. In generale, grazie all’introduzione dell’innovativo strumento, le emissioni di CO2 nella città sono scese di oltre 14.000 kg.
Nel Bhutan (Himalaya), inoltre, è stato implementato un progetto di transizione verso un ecosistema digitale, dal titolo E-infrastructure for Trade and Services. L’iniziativa ha permesso all’intero settore del commercio di patate di spostarsi all’interno dell’ottica sostenibilità, grazie ad aste elettroniche che favoriscono velocità e trasparenza nei pagamenti, tempi di attesa ridotti, ma soprattutto un risparmio di 420 dollari per camion di trasporto.
Altri casi, in Nepal e in Ruanda, dove gli agricoltori – rispettivamente di tè e caffè – hanno ottenuto sistemi di certificazione efficaci in termini di tracciabilità del prodotto lungo la filiera, attraverso tecnologie digitali avanzate.
Introdurre la digitalizzazione nelle procedure commerciali costituisce dunque un’arma vincente per rendere le catene di fornitura più sostenibili, diminuendo gli spostamenti fisici e aumentando la trasparenza dei processi. Rivenditori e consumatori possono così accedere al tracciamento della catena di approvvigionamento e guadagnare nell’accesso al mercato e nella promozione di un commercio veramente inclusivo.
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